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Page Six affronta reazioni negative per il coinvolgimento polemico di Justin Baldoni

Page Six affronta reazioni negative per il coinvolgimento polemico di Justin Baldoni

È piuttosto divertente osservare come Page Six sembri aderire all’agenda stabilita dal team di pubbliche relazioni di Justin Baldoni. Ciò avviene sulla scia dell’accusa al giornale di aver diffuso storie negative su Blake Lively, solo per pubblicare di recente un articolo favorevole che metteva in luce Baldoni.

Durante gli eventi promozionali del film It Ends With Us , non è passato inosservato che Baldoni, che ha assunto il doppio ruolo di regista e attore protagonista, fosse notevolmente assente dalle apparizioni stampa insieme al cast. Dato il suo ruolo di spicco al fianco di Lively, questa assenza ha fatto storcere il naso. Mentre i fan condividevano le loro osservazioni, è diventato evidente che il cast aveva anche smesso di seguire Baldoni sui social media. Sono emersi resoconti che descrivevano in dettaglio la condotta di Baldoni sul set, spingendolo a ingaggiare un team di pubbliche relazioni per cambiare la narrazione che circondava la controversia emergente.

In una sorprendente svolta degli eventi, Blake Lively ha avviato un’azione legale contro Baldoni, accusandolo di cattiva condotta durante le riprese. La causa sostiene anche che Baldoni e i suoi rappresentanti delle pubbliche relazioni hanno orchestrato una campagna diffamatoria contro di lei, con Page Six specificamente menzionata come una delle pubblicazioni coinvolte. Pochi giorni dopo la causa, Page Six ha pubblicato un articolo incentrato sulla famiglia di Baldoni, accendendo ulteriormente le speculazioni sulla loro indipendenza editoriale.

Le recenti rivelazioni tramite messaggi di testo hanno fatto luce sulle intenzioni di Baldoni, Jennifer Abel e Melissa Nathan di “seppellire” Lively nel tentativo di proteggere la reputazione di Baldoni. I messaggi includevano Baldoni che faceva riferimento a un account di fan che aveva accusato Hailey Bieber di bullismo, indicando “Questo è ciò di cui avremmo bisogno”. La causa sostiene che la sorella di Nathan, Sara Nathan, che è caporedattrice del New York Post (la società madre di Page Six), è stata coinvolta nella diffusione di queste storie negative.

Il presunto approccio di Baldoni prevedeva di fare leva sulla sua fanbase contro Lively, una tattica che, se comprovata, evidenzia un comportamento manipolativo. Sia Baldoni che i suoi soci apparentemente hanno usato l’inganno per oscurare le sue azioni, una strategia che solleva serie preoccupazioni etiche.

Page Six e The Post: un caso di giornalismo non etico

La tempistica dell’articolo di propaganda di Page Six, a pochi giorni dal suo coinvolgimento in una campagna diffamatoria, la dice lunga sull’integrità editoriale dell’emittente. Mentre pubblicazioni come The New York Post e Page Six hanno una storia di reportage sensazionalistici, l’apparente disprezzo per il giornalismo etico in questo contesto è lampante.

Perché queste istituzioni dovrebbero continuare ad avere accesso a celebrità di alto profilo se sono complici di narrazioni inventate? La loro presenza è ancora visibile sul red carpet, eppure la loro credibilità giornalistica è gravemente compromessa. Ciò solleva interrogativi sulle responsabilità dei media nel modo in cui riportano e chi sostengono.

Sebbene il coinvolgimento di Page Six in questo scandalo non sia del tutto scioccante, la mancanza di decoro nel loro tempestivo articolo su Baldoni sottolinea una realtà inquietante. Se le accuse sulla manipolazione del fandom sono davvero accurate, le azioni di Baldoni, Abel e Nathan rivelano una tendenza inquietante nell’influenza dei media e nella cultura delle celebrità.

Alla luce di questi eventi in corso, diventa evidente che una maggiore trasparenza e responsabilità sono cruciali nel giornalismo di intrattenimento. La mancanza di vergogna mostrata da coloro che sono coinvolti, specialmente mentre celebravano il loro presunto successo nell’offuscare l’immagine di Lively, evidenzia un’urgente necessità di riforma nel modo in cui operano i media.

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