
Tim Cook, CEO di Apple, si trova ad affrontare una sfida ardua: destreggiarsi tra le complessità dell’iniziativa “Make in America” del presidente Trump e i notevoli vantaggi offerti dalle capacità produttive della Cina.
A tal fine, Cook ha promesso un investimento sostanziale di 600 miliardi di dollari negli Stati Uniti, promettendo contemporaneamente investimenti in Cina, dimostrando così il suo tentativo di camminare su questa corda tesa.
La domanda urgente è: Tim Cook riuscirà a gestire con successo questo duplice impegno?
L’impegno di Cook nel rafforzare le relazioni tra Stati Uniti e Cina
Di recente, durante la sua visita in Cina, Tim Cook ha compiuto passi da gigante nel superare le sfide normative che hanno ritardato il lancio dell’iPhone 17 Air di Apple, dotato solo di eSIM. Tra i suoi incontri, un significativo è stato quello con Li Lecheng, Ministro dell’Industria e dell’Informazione Tecnologica (MIIT), durante il quale Cook ha espresso il desiderio di rafforzare la cooperazione e incrementare gli investimenti nella regione.
Come riportato dal Global Times tramite analisti del settore, questo incontro potrebbe preannunciare un maggiore sostegno ad Apple da parte del governo cinese, un fattore cruciale per la stabilità operativa del gigante della tecnologia nel Paese.
Durante un’intervista con i media, Cook ha osservato:
“Voglio sempre tornare [in Cina].C’è sempre così tanto cambiamento.È così dinamico. Adoro il popolo e la cultura cinese ed è meraviglioso essere a Shanghai.”
Inoltre, il Chief Operating Officer di Apple, Sabih Khan, ha visitato Lens Precision a Taizhou, una visita indicativa dei continui adeguamenti di Apple alla sua catena di fornitura. Questa visita è particolarmente significativa poiché i miglioramenti al sistema di fotocamere dell’iPhone 18 stanno già influenzando fornitori come Samsung e Doosan Tesla, innescando significative attività e cambiamenti nella produzione.
Vale la pena notare che Lens Precision è una sussidiaria di Lens Technology, che svolge un ruolo fondamentale nella catena di fornitura di vari prodotti Apple, tra cui iPhone, Apple Watch, Mac e Vision Pro.
Il dilemma strategico di Tim Cook
Le sfide di Tim Cook sono significative: deve destreggiarsi tra percorsi distinti ma contrastanti in un contesto globale sempre più polarizzato. Sebbene Apple abbia iniziato a mitigare la propria dipendenza dalla Cina trasferendo parte della produzione in India, gli analisti di mercato di Jefferies prevedono che Apple potrebbe comunque dover spedire circa 9 milioni di iPhone dalla Cina agli Stati Uniti entro l’anno fiscale 2026 a causa dell’inadeguata capacità produttiva in India per soddisfare la crescente domanda.
Sul fronte interno, l’impegno di Apple a investire 600 miliardi di dollari negli Stati Uniti nei prossimi anni mira a creare una filiera di approvvigionamento del silicio autosufficiente. Questo impegno ha dovuto essere aumentato rispetto ai 500 miliardi di dollari iniziali dopo l’imposizione di dazi sulle importazioni dall’India da parte dell’amministrazione Trump, aggiungendo ulteriore complessità finanziaria alle operazioni di Apple.
Alla luce di queste tensioni geopolitiche, Apple sta attivamente elaborando strategie per salvaguardare la propria catena di approvvigionamento. Alcuni report indicano piani per produrre diversi dispositivi per la smart home in Vietnam, sfruttando le capacità produttive di BYD nella regione. Questi dispositivi includono innovazioni come un HomePod con display da 7 pollici, telecamere di sicurezza innovative e un assistente AI da tavolo.
Tuttavia, questa intricata strategia di supply chain rimane suscettibile a shock esterni, come potenziali dazi punitivi imposti dall’amministrazione Trump, che potrebbero interrompere bruscamente le operazioni. Ad esempio, quali misure potrebbe adottare Apple se venissero improvvisamente imposti dazi al Vietnam, mettendo a repentaglio i suoi piani produttivi?
Per il momento, la strategia di Tim Cook si basa sulla solidità finanziaria del bilancio di Apple, nella speranza che i suoi ingenti investimenti possano servire a proteggere l’azienda dalle ripercussioni di eventuali manovre geopolitiche rapide da parte degli Stati Uniti o della Cina.
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