
Il panorama della regolamentazione tecnologica è in continua evoluzione, con le autorità che intensificano i controlli sulle principali aziende tecnologiche per garantirne la conformità alle leggi antitrust. Un caso significativo che sta attirando l’attenzione è la battaglia legale in corso tra il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti (DOJ) e Google. Questo processo di alto profilo ha catturato l’attenzione della comunità tecnologica, poiché i suoi esiti potrebbero rimodellare le pratiche del settore. Recenti sviluppi hanno rivelato che, dopo un verdetto emesso dal tribunale, è stato stabilito che Google ha violato lo Sherman Antitrust Act, con conseguenti sanzioni ancora pendenti.
Il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ottiene una storica vittoria antitrust su Google
Il Dipartimento di Giustizia ha indagato attivamente sulle pratiche di Google in ambito tecnologico pubblicitario, dando vita a un processo durato tre settimane e accompagnato da un’accurata revisione post-processuale. La corte si è pronunciata con decisione a favore del Dipartimento di Giustizia, accertando che Google aveva adottato comportamenti monopolistici nel settore della pubblicità digitale.
Secondo la sentenza del tribunale, le azioni di Google hanno costituito violazioni significative in due aree cruciali della pubblicità digitale: il mantenimento del monopolio sugli ad exchange e sui server pubblicitari degli editori e l’illegale associazione dei suoi prodotti, ovvero il server pubblicitario e l’ad exchange, al fine di soffocare la concorrenza. Tale comportamento è stato ritenuto in violazione delle Sezioni 1 e 2 dello Sherman Antitrust Act. Il giudice distrettuale statunitense Leonie Brinkema ha dichiarato:
Gli attori hanno dimostrato che Google ha deliberatamente messo in atto una serie di atti anticoncorrenziali per acquisire e mantenere un potere monopolistico nei mercati dei server pubblicitari degli editori e degli scambi di annunci per la pubblicità display sul web aperto.
Sebbene ciò rappresenti una vittoria significativa per il Dipartimento di Giustizia, la sentenza non è stata priva di limiti. Il tribunale ha respinto le affermazioni secondo cui Google avrebbe dominato il settore delle reti pubblicitarie. In risposta, Lee-Anne Mulholland, Vicepresidente degli Affari Regolamentari di Google, ha dichiarato che l’azienda avrebbe presentato ricorso contro la decisione. Ha sottolineato che gli strumenti di Google non danneggiano la concorrenza e ha sottolineato che gli editori scelgono Google per le sue soluzioni intuitive e convenienti:
La Corte ha convenuto che i nostri strumenti per gli inserzionisti e le acquisizioni come DoubleClick non danneggiano la concorrenza. Tuttavia, siamo rispettosamente in disaccordo con la sentenza sui nostri strumenti per gli editori: gli editori hanno ampia scelta e utilizzano Google perché la nostra tecnologia pubblicitaria è facile da usare, conveniente e produce risultati.
Guardando al futuro, la prossima fase sia per Google che per il Dipartimento di Giustizia consisterà nell’individuazione di misure correttive appropriate in questo processo antitrust. Il Dipartimento di Giustizia ha richiesto significative misure correttive, tra cui l’eventuale obbligo per Google di cedere il suo browser Chrome. Le sanzioni esatte per le violazioni devono ancora essere definite, lasciando il gigante della tecnologia e il settore in ansia per le future implicazioni di questa sentenza.
Lascia un commento