Questo articolo non costituisce un consiglio di investimento. L’autore non detiene posizioni in nessuno dei titoli menzionati.
Una recente ricerca della Macquarie Bank rivela che i costi operativi dello stabilimento di produzione di chip della Taiwan Semiconductor Manufacturing Company (TSMC) in Arizona potrebbero superare quelli della sua controparte taiwanese fino al 30%. Questo aumento delle spese è in gran parte attribuito alla partnership della TSMC con il governo degli Stati Uniti ai sensi del CHIPS and Science Act, volto a rafforzare la produzione nazionale di semiconduttori. Le preoccupazioni sulla fattibilità finanziaria delle operazioni con sede negli Stati Uniti sono persistite, con il fondatore della TSMC, il dott. Morris Chang, che in precedenza aveva sottolineato che i costi di produzione negli Stati Uniti sarebbero stati notevolmente più alti che a Taiwan.
L’impatto delle catene di fornitura chimiche sui costi di TSMC in Arizona
Il processo di produzione dei semiconduttori è notoriamente intricato, richiede precisione nella calibrazione delle apparecchiature e un approvvigionamento approfondito di vari prodotti chimici per mantenere l’integrità del prodotto. TSMC, in quanto produttore leader, fa molto affidamento su una catena di fornitura affidabile per garantire queste risorse chimiche. Macquarie Bank sottolinea che la sfida di stabilire una fornitura chimica costante negli Stati Uniti potrebbe aumentare ulteriormente i costi operativi presso lo stabilimento TSMC in Arizona, con un impatto potenziale sui margini di profitto della sua produzione di chip all’avanguardia da 4 nanometri dall’1% al 2%.
Al centro di questa questione c’è la riluttanza dei principali fornitori chimici a creare impianti di produzione negli Stati Uniti a causa di economie di scala insufficienti. Taiwan, insieme a paesi confinanti come Giappone e Corea del Sud, domina il panorama dei semiconduttori, consentendo alle aziende chimiche di ottimizzare i volumi di spedizione e la redditività producendo e fornendo da vicino.
Macquarie nota che le aziende taiwanesi, come Shiny Chemical Industrial Co., Ltd, controllano una parte significativa del mercato, rendendo difficile la penetrazione di nuovi concorrenti. Questi attori affermati rimangono cauti nell’entrare nel mercato statunitense, temendo di non raggiungere i volumi necessari per operazioni efficienti. Inoltre, mentre TSMC preparava il suo sito in Arizona per la produzione di chip da 4 nanometri, ha dovuto affrontare delle sfide nell’approvvigionamento di fornitori chimici qualificati a livello nazionale. Di conseguenza, l’azienda ha fatto ricorso all’importazione di prodotti chimici essenziali da Taiwan, il che ha portato a costi di spedizione esorbitanti che possono superare il prezzo dei prodotti chimici stessi.
In particolare, gli elevati costi operativi sono esclusivi degli stabilimenti statunitensi di TSMC, secondo le intuizioni di Macquarie. Al contrario, TSMC ha anche ampliato la sua presenza globale aprendo fabbriche in Giappone, che, pur ospitando vecchi processi a 22 nanometri, hanno accesso a forniture di materie prime locali più competitive. Tuttavia, queste operazioni giapponesi comportano anche costi circa il 10% più alti di quelle di Taiwan, una situazione probabilmente esacerbata dall’utilizzo di tecnologie più vecchie.
Non è la prima volta che si solleva il tema delle elevate spese di produzione negli Stati Uniti. Il dott. Chang ha affermato in precedenza che si prevede che la tendenza dei costi di produzione più elevati persisterà, indipendentemente dai sussidi statunitensi, che potrebbero fornire solo un sollievo temporaneo. Rimane fiducioso che i vantaggi intrinseci di Taiwan in termini di costi e manodopera manterranno la sua posizione di leadership nel settore dei semiconduttori per molto tempo in futuro.
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